Cascate di ghiaccio: la produzione del film

La cascata di Repentance Super in Val di Cogne con cui inizia il film. Allora era considerata molto difficile!

Cascate di ghiaccio: la Produzione del film

La produzione di Cascate di Ghiaccio o come lo chiamavamo già allora per fare più in fretta: “Icefalls” si sarebbe dimostrata una delle più complesse dell’intera serie No Limits prodotta per Italia 1 (Gruppo Fininvest).

I motivi sono vari. I film di cascate di ghiaccio erano stati girati fino ad allora come documentari puri e semplici sulle salite dei vari alpinisti. Questi, ovviamente, sceglievano di salirle all’ombra per avere il ghiaccio nelle migliori condizioni. Il problema causati dal ritardo nelle salite era spesso creato dall’arrivo del sole nella parte alta della gola che poi sfociava nella cascata, arrivo che liberava una gran quantità di detriti e anche di massi di ghiaccio o addirittura scaldava la struttura poco sopra alla sua nascita e ne causava il crollo.

La cascata di Repentance Super, in Val di Cogne è la scusa per iniziare a parlare del pericolo del caldo. Per poter fare le riprese che volevo salii la cascata una volta sola. Perché? Perché il caldo si fece subito vedere e ci fece capire che filmare al sole era un affare delicatissimo: mentre scendevamo in doppia a lato della cascata il sole che aveva già scaldato il canale sopra di noi liberò qualche quintale di ghiaccio e sassi che passarono a pochi metri da noi, sulla verticale della cascata, giusto per farci capire che con il sole non si scherzava….

Nel mio caso volevo che il film riunisse tutte le possibili particolarità di questo tipo di scalata e quindi mi misi ala ricerca delle location più interessanti . Iniziai con l’andare ad esplorare il ghiacciaio del Gornergrat dove mi ricordavo di aver visto dei laghi glaciali che sarebbero stati perfetti per l’inizio del film. Ci arrivai alla fine di agosto e ne vidi uno che aveva nella sua parte più lontana da me una grotta che si infilava nel corpo glaciale…. Perfetta per l’arrivo spettacolare che avevo in mente.

Quando incominciammo le riprese quindici giorni dopo il lago era…. ghiacciato. Fortunatamente era ricoperto solo da uno strato di uno o due centimetri che non avrebbe compromesso troppo le riprese. In ogni caso oramai l’elicottero ci aveva depositato con una canoa e tutte le attrezzature da Zermatt e quindi dovevamo far buon viso a cattivo gioco.

Giorgio Passino e Alessandro Crudo si erano preparati con un salvagente nascosto sotto alla tuta e l’imbarcazione era stata riempita di materiale galleggiante per impedire l’affondamento in caso di rovesciamento…

Dopo di ché iniziarono le riprese con Giorgio che trascinava la canoa in piolet traction (!!!) mentre Sandro saltellava col sedere sulla poppa della canoa per rompere il ghiaccio al meglio.

Arrivati sotto alla grotta Giorgio inizia a salire mentre Sandro lo assicura dalla canoa: niente male come inizio.

Il seguito sarà girato nel gruppo del Monte Bianco alla base del Couloir Couturier sotto all’Aiguille Verte.

Anche lì l’elicottero di Pascal Brun, grande pilota di Chamonix, ci aveva depositato con circa 400 kg di materiale tra cui un generatore per illuminare il crepaccio scelto che sprofondava oltre i 50 metri e che doveva diventare l’uscita del crepaccio del lago del Gornergrat…

Sotto alle gambe di Giorgio si intravvede il faro che Bob sta puntando per creare un controloce, seppur leggero

Ci passammo tutta una notte per evitare che la luce creasse dei riflessi indesiderati, scomodi, al freddo ma soprattutto terrorizzati sia dagli scricchiolii del ghiaccio che si assestava sia dalla paura di far cadere una parte dell’attrezzatura cinematografica in fondo al crepaccio che sembrava senza fine…

Muoversi in 4 o 5 della troupe in quegli spazi era veramente difficile e in qualche modo anche pericoloso. Le radio ci permettevano di comunicare con la superficie del ghiacciaio dove il responsabile del generatore ci rincuorava ricordandoci che avevamo carburante per almeno 2 notti!

a mezzanotte , appesi a viti da ghiaccio, passo dal viso di Alessandro a Giorgio con enorme difficoltà. Intorno a me 4 persone danno una mano ma creano anche ingombro…

Nel film le location sono parecchie: due delle più belle le avevo scoperte con gli sci scendendo dalla funivia dei Grand Montets sul versante opposto a Chamonix. Una serie di canali tra i seracchi e addirittura un “occhiello” di ghiaccio che appare nel film eran stat accuratamente segnati sul GPS. Quel che non si vede in questi film è che allora non c’erano né Go Pro, né digitale, né telecamere di sorta. Filmavo con una Arriflex SR2 in 16 mm e la pellicola durava al massimo 12 minuti, poi bisognava smontarla, infilare il caricatore nel sacco nero e scaricare la pellicola per poi ricaricarne una nuova…. Un lavoro d’inferno se lo si faceva in parete. Se usavo l’Arriflex ST era peggio: era sì più leggera ma la pellicola durava poco meno di tre minuti. La usai pochissimo perché il guadagno del peso era sproporzionato alla fatica di ricaricarla. Spesso stavamo incastrati in luoghi che smbravano tranquilli ma che invece erano spesso sullorlo di buchi orrendi.

Sotto alle gambe di Giorgio si intravvede il faro che Bob sta puntando per creare un controloce, seppur leggero
i fari più grossi erano veramente ingombranti e solo l’elicottero avrebbe potuto portarli li. Oggi una Sony 7 farebbe di meglio senza nessuna luce o quasi e con uno sforzo tecnico ridicolo… il tempo passa.

Nelle splendide foto, scattate da Dario Ferro, si può vedere quello che appariva sullo schermo e quello che invece stava dietro al sottoscritto: dall’aiuto operatore, al fonico, dal portatore delle scatole di pellicole, del sacco nero e dei caricatori di riserva, all’uomo che si occupava del materiale alpinistico oltre ai due o tre amici che si occupavano di impedirci di cadere in qualche buco. Si sa quando hai l’occhio sulla cinepresa sei pronto a dimenticare tutto il resto.

Grande foto di Dario Ferro Giorgio salì slegato nonostante le urla del sottoscritto che si sentiva responsabile…
L’immagine che appare sullo schermo
La realtà della troupe

Alle 2 di mattina eravamo nelle nostre tendine poste appena sopra al crepaccio quando un rumore improvviso svegliò tutta la troupe: era caduto un seracco sopra di noi. Io aveva passato più di un’ora nell’ispezione della zona proprio per decidere dove creare il campo base in una zona sicura…. Ma si sa: di notte tutto diventa più terribile e il rumore di un seracco che crolla sopra la tua tenda e che non vedi assume dimensioni sempre più notevoli. Per farla breve, nonostante io continuassi a ripetere che non c’era problema, sia Giorgio Passino che Alessandro Crudo ( due professionisti della montagna) decisero di scendere alla stazione intermedia. Pù o meno 800 metri di dislivello con gli sci… alla luce delle frontali. Notte tranquilla sulla terrazza e al mattino con la prima funivia di nuovo alle tende per scoprire che alcuni blocchi grandi non più di un frigorifero si erano fermati 70/80 metri sopra di noi e decisamente sulla destra, come previsto!

La fine del video è stata girata sulla Grassi-Comino al Mont Maudit (o lì vicino) e quel giorno, ormai al pomeriggio assistemmo al crollo di un’enorme parte del ghiacciaio pensile proprio sulla direttiva della parete. Lo presi al volo appena con la coda dell’occhio mi resi conto del movimento. Spaventoso. Fortunatamente nessuno aveva nemmeno proposto l’idea di calarci per 2 tiri sulla parete per girare delle scene “spettacolari”

Fine della storia