Climbing in Thailandia (con François Legrand)

Nel febbraio del 1999 l’amico di sempre di François, Yuji Hirayama, stava per sposarsi. Riuscii a contattare legrand poche settimane prima che partisse per il Giappone e gli chiesi se poteva fare uno stop in Tailandia per girare un film con me. La cosa lo interessava perché non era mai stato a Phra Nang e in ogni caso disse che era sulla sua strada. Il risultato furono 12 giorni di riprese con l’aiuto di Nicoletta Costi Noè e suo marito Nicola. Ne uscì un video di 52′. Le riprese aeree furono effettuate da un elicottero che era stato affittato per le riprese dello spot Lamberjack.

Nicoletta Costi mi aiuta a salire alla sosta dell’8a+ che vuole salire François. dietro di lei a sx si intravvede Nicola Noè che è stato il partner di François nel film

Ecco tre clip di pochi minuti che mi pare descrivano in modo esemplare lo splendore del posto. Sicuramente uno dei luoghi più belli dove si può scalare. Dimenticavo: normalmente si scala all’ombra (fa sempre molto caldo) ma per esigenze cinematografiche François si fece convincere a ripetere ogni via più volte al sole e salendo lentamente per permettermi di muovermi sui jumar…. Grazie ancora.

Joel: un amico americano di Tucson con cui ho arrampicato per alcuni giorni

All’inizio del video, e in altre immagini prese da un elicottero, appare un ponte “tibetano” sospeso”. L’avevo disegnato per uno spot per una ditta di scarpe che girò lì il commercial dopo che io mostrai loro le immagini della zona. Durante il montaggio del ponte, che avveniva nelle poche ore di bassa marea quando il mare si ritirava liberando dall’acqua lo spazio tra le due isole, avvenne un fatto increscioso. Il ponte pesava circa 600 kg e doveva essere sollevato usando funi e maniglie Jumar per bloccare il paranco nei i momenti in cui una fila di tailandesi recuperava la fune del paranco che avevamo creato alla base di una delle isole. Mi accorsi ad un certo punto che alcuni dei tailandesi stavano con il loro corpo all’interno dell’angolo formato tra la parte di fune che andava al paranco e quella che tirava tutto il carico. Nel caso che la maniglia jumar avesse ceduto (cosa che poi avvenne trasformandola in un proiettile micidiale) coloro che si fossero trovati nell’angolo pericoloso avrebbero potuto morire (la maniglia Clog si ruppe (! ) perché sottoposta a uno sforzo superiore ai 1500 kg!! mentre era garantita per soli 400 (( ma questo lo scoprii dopo)). Quando mi accorsi del pericolo iniziai a gridare per fare allontanare i tailandesi da quella posizione. Ero spaventatissimo: il paranco era sotto sforzo continuo e ad ogni trazione lo sforzo aumentava perché la catenaria che il ponte formava si alzava stendendosi e diventando sempre più “pesante” sul paranco… Inoltre mi sentivo del tutto responsabile perché sia il disegno che il sistema di sollevamento erano una mia idea… Poco dopo il direttore della casa di produzione che mi aveva ingaggiato venne a dirmi che i tailandesi non volevano più avermi tra i piedi perché secondo loro chi urla e si agita non è un vero professionista (sic!). (Devo ammettere che ho sperato che accadesse un grave incidente, magari alla donna che sembrava essere il capo del gruppo. Ancora oggi non mi pento di questo desiderio: era una vera imbecille!)

Durante le riprese dello spot di cui si parla qui sopra

Poco dopo la maniglia cedette e quasi mi dispiacque che non avesse colpito la donna che li comandava e che aveva chiesto il mio allontanamento dal set. Il commercial fu lo stesso un flop perché la storia era troppo complessa e fu girata e montata piuttosto male.

ecco i tre video che coprono pochi minuti dei 54′ dell’intero film.