Alfonso Vinci: il film di una vita avventurosa

Presentazione

Protagonista del documentario è Alfonso Vinci (1916-1992), uomo poliedrico, alpinista lombardo di punta negli anni ’30, letterato e scienziato, leggendario comandante partigiano durante la Resistenza e in seguito pioniere delle esplorazioni in Venezuela e in Sud America dove si recò nel primo dopoguerra alla ricerca di nuove cime e di fortuna. Vinci seppe esprimersi come etnografo e antropologo, pubblicando alcuni libri splendidamente scritti sulle popolazioni dei Samatari e sui territori della Cordigliera che egli visitò compiendo importanti ascensioni (ad esempio la parete nord del Pico Bolivar) documentate in rarissimi filmati d’epoca. Era dotato di una personalità assolutamente eccezionale che meritava di essere riscoperta e approfondita attraverso un documentario specifico, costruito con spezzoni di interviste, splendidi filmati d’epoca girati da lui stesso e inedite scene alpinistiche girate appositamente sulle montagne lombarde, a lui tanto care. La notevole quantità di materiali esistenti, filmati, interviste, libri, testimoni viventi, pagine critiche, documenti relativi al periodo bellico, hanno permesso un’elaborazione articolata e puntuale e la ricostruzione di un’avventura umana e culturale che ha trovato il suo centro nell’alpinismo ma che lo ha trasceso ed arricchito entro il più ampio contesto dei molteplici significati della vita.

Biografia

Alfonso Vinci nasce a Dazio in Valtellina nel 1915. Ufficiale nella Scuola Militare degli Alpini, negli anni ’30 fu un alpinista di punta (è famoso lo “Spigolo Vinci” al Pizzo Cengalo, ma più significativa una via estremamente difficile sull’Agnèr, ancor’oggi poco ripetuta), insignito con la medaglia al valore sportivo dal Regime Fascista.In Italia, all’Università di Milano, si laurea in Lettere e Filosofia e in Scienze naturali con la specializzazione in Geologia. Aderisce alla Resistenza ed è conosciuto come “Bill”, il leggendario capo partigiano della divisione valtellinese delle Brigate Garibaldi. Subito dopo la guerra si imbarca, con in tasca un biglietto di sola andata, per il Sud America. “Per cercare fortuna”. In realtà, attratto dalle infinite occasioni di conoscenza e di avventura che quel continente offriva. Inizia così una serie incredibile di viaggi e spedizioni esplorative che lo condurranno in giro per il mondo per quasi tutta la sua vita e che lo accomunano con il personaggio di Ulisse, per l’insaziabile desiderio di scoperta, di conoscenza e di movimento che è insito nell’uomo.

E’ stato abilissimo cercatore di diamanti nella giungla venezuelana dove, grazie alle sue competenze di geologo, seppe individuare uno dei più grandi giacimenti diamantiferidi tutto il Sud America; inoltre esploratore nella foresta amazzonica dove, risalendo il corso dell’Orinoco, poté studiare i costumi degli indios Yanomami, mai prima raggiunti dall’uomo occidentale, raccontati nel bellissimo libro “Samatari”; di nuovo alpinista, con la realizzazione di molte ascensioni e della prima traversata transandina, scalando le cime principali della Cordillera dal Venezuela al Perù attraverso Colombia e Ecuador. Traduttore dal castigliano antico, insegnante universitario, consulente di compagnie minerarie, idroelettriche, petrolifere e di grandi costruzioni in tutto il mondo, dal Sud America all’Africa all’Asia. Infine scrittore con una dozzina di libri, tra saggi e romanzi, basati sulle sue esperienze e avventure.Tutto questo fa di Alfonso Vinci un personaggio straordinario, emblematica figura di italiano intraprendente, indipendente e coraggioso, uomo di azione ma anche di grande cultura, che dai lontani e “spensierati” anni cinquanta ci trasmette spunti interessanti di riflessione.

Il film

Nel 1985, in partenza per il Venezuela per documentare una spedizione alpinistica di Franco Perlotto ero stato consigliato da Sergio Longoni di andare a parlare con Alfonso Vinci… “e dove?” avevo chiesto io, “qui dietro,” rispose Longoni, “proprio dietro al muro del negozio”. Fu così che mi trovai nella villetta dove abitava Vinci. (In effetti una dependance della casa dell’Editore Moizzi). Vinci mi mostrò una boccia di cristallo, quelle in cui si mettono i pesci rossi, piena di pietre preziose…- “sai ne vendo una ogni tanto e così mi mantengo…” poi mi dette l’indirizzo di un amico che ancora cercava diamanti nella Gran Sabana e che appare nel documentario di cui stiamo parlando: Luigi il minero! Conoscevo già Vinci per aver letto da ragazzo il suo libro “Cordigliera” di cui per l’ignoranza della giovane età, non avevo capito che alcuni accenni all’alpinismo e avevo invece perso la parte più importante che è il continuo paragone storico e spirituale tra le popolazioni, la storia di queste, la sua filosofia della vita che traspare da ogni discussione con i locali, la critica al vivere in modo diverso, insomma il modo intelligente di viaggiare che va ben al di là della sola salita alle vette.

 

Pino Brambilla, responsabile della Cineteca del CAI Centrale mi propose di sostituire un mio progetto di difficile realizzazione (la vita di Ettore Zapparoli) con quello della ben più avventurosa vita di Vinci, del quale avevano appena organizzato una mostra con foto ed alcuni filmati che lo stesso Vinci, appassionato filmmaker, aveva girato con una Bolex 16mm. Da lì era partita l’idea di ripercorrere la sua salita più famosa durante la quale Eugenio Pesci e Giuseppe (Popi) Miotti (che aveva intervistato anni addietro il Vinci), avrebbero presentato gli aspetti più interessanti della sua vita.

Durante la pre-produzioni venni a sapere da Miotti che Ida Do, aveva scritto un’intera tesi sul Vinci e disponeva di documenti originali della sua vita… riviste, foto, lettere autografe… a cui si aggiunse il colpo di fortuna (che mi porse Ida Do) di contattare Alessandra Boghi Cattaneo il cui marito aveva seguito il Vinci in alcune spedizioni sull’Orinoco filmandolo con grande maestria. Il CAI sovvenzionò il telecinema delle due lunghe “pizze” in 16 mm riportandole alla qualità che si meritavano.

 

Restava solo da risalire lo Spigolo Vinci al Pizzo Cengalo con Pesci e Miotti come attori e Pino Brambilla che oltre a darmi enormi aiuti informatici e tecnici durante il montaggio in HD acconsentì a seguirmi con la sua telecamera per dare al film due immagini tra cui scegliere per ogni tiro di corda e battuta del copione. Per le riprese aeree riuscimmo ad ottenere l’aiuto della Eliwork che ci offrì diversi voli al momento della terza salita, di Miotti e Pesci, interamente filmata dall’aria.

In due giorni salimmo ben due volte lo spigolo dormendo al Rifugio Gianetti, ospiti (bisogna dirlo) di Mimmo, il rifugista che ci coccolò. Gianluca Maspes si occupò di assicurarci sullo Spigolo mentre Pino ed io salivamo, distratti dalle luci, dalle inquadrature e dalla foga di far tutto in fretta prima che il sole ruotasse troppo.

Il risultato è un omaggio ad un uomo che in Italia, più di altri, ha interpretato la figura dell’esploratore. Qui di seguito alcune immagini dal film che è disponibile in DVD per visione privata e in HD per serate